L’ Antiquarium di Archeologia è una collezione assai eterogenea che comprende circa 1500 pezzi originali, per lo più con indicazioni generiche di provenienza, in cui sono rappresentate quasi tutte le classi di manufatti dell’antichità, in particolare le produzioni ceramiche, dall’area egea a quelle dell’Etruria, ai vasi attici dipinti, con tecnica a figure nere e a figure rosse, con decorazione sovradipinta di età ellenistica, oltre a vasellame da mensa e da cucina dell’epoca romana nelle sue varie classi. A queste si aggiunge un consistente nucleo di terrecotte architettoniche e votive, da aree santuariali del mondo antico, accanto ad altri piccoli oggetti fittili, e una serie di manufatti in metallo (es. fibule, affibbiagli di cinturoni, rasoi in bronzo) e vetro (es. balsamari, bastoncini ritorti), in qualche caso provenienti da corredi funerari di età ellenistica e romana; e alcuni esemplari in amteriale lapideo a tutto tondo e a rilievo.
Per le sue caratteristiche, la raccolta si pone nel solco dei musei sorti in seno alle università con prevalenti scopi didattici e sperimentali, in base ai più seguiti filoni della ricerca archeologica; essa si costituì intorno agli anni ’50 per opera di Silvio Ferri, docente di Archeologia classica, il quale poté attingere a nuclei di diversa provenienza, sia come deposito da parte di alcuni dei principali Musei Statali, come il Museo di Villa Giulia a Roma da cui provengono pregevoli buccheri e la serie di terrecotte votive (statuette ex voto), e il Museo Archeologico di Taranto, cui è attribuibile gran parte della ceramica attica, gli oscilla fittili e un nucleo di strumenti litici di età preistorica. Altri elementi provengono dalla vendita, con conseguente dispersione nei vari musei, dell’esteso patrimonio collezionistico del tenore Evan Gorga e dalla donazione di privati proprietari. Primo fra questi l’avvocato Ottolenghi di Vallepiana di Firenze, che consentì a cedere il proprio materiale, di composizione assai varia fra cui alcuni falsi, all’Università di Pisa, mentre un nucleo risulta di appartenenza dello stesso Ferri, e in anni recenti si sono aggiunti altri lasciti privati più modesti.